Soffro di una patologia cronica che non è inserita tra le malattie invalidanti. Posso fare comunque domanda di invalidità?
La risposta è sì, comunicalo anche al tuo medico curante.
Per le infermità non tabellate dall’Inps si può comunque procede a valutare il singolo caso del danno alla salute “in via analogica indiretta o per equivalenza”.
Cosa significa?
Bisogna fare riferimento ad infermità analoghe già previste e di pari gravità e osservare la previsione delle successive fasce di invalidità ad essa correlate che comportano una compromissione funzionale.
- Che cosa si intende per danno funzionale? Il danno funzionale permanente è riferito alla capacità lavorativa generica (art. 1, comma 3 ed art. 2 comma 2 D.L. 23 novembre 1988, n. 509).
Una variazione in più, cinque punti percentuali, è possibile solo nel caso in cui l’infermità, tenuto conto della formazione tecnico-professionale del soggetto, incida significativamente sulla sua capacità lavorativa specifica e in occupazioni confacenti alle sue attitudini.
Analoga variazione ma di segno opposto, fino ad un massimo di 5 punti percentuali in meno, può essere per contro effettuata nel caso in cui l’infermità risulti non avere incidenza sulla capacità lavorativa, specifica o attitudinale.
Tali variazioni percentuali non possono ovviamente prescindere dall’espletamento di un’accurata anamnesi lavorativa ed attitudinale.
- Nel caso di infermità unica la percentuale dell’invalidità permanente viene espressa utilizzando:
a) la percentuale fissa di invalidità, quando l’infermità corrisponde, per natura e gravità, esattamente alla voce tabellare (colonna “fisso”);
b) una misura percentuale compresa tra i valori estremi ( “min – max”) indicati per le infermità tabellate in unica fascia;
c) una misura percentuale di invalidità compresa tra i valori estremi ( “min – max”) della fascia corrispondente alla specifica classe quando per l’infermità siano previste più classi funzionali;
d) con ricorso al criterio analogico con riferimento a minorazioni analoghe o di analoga gravità se l’infermità non risulta elencata in tabella.
- Nel caso di infermità plurime, i criteri per giungere alla valutazione finale sono i seguenti:
sono calcolate dapprima le percentuali relative alle singole infermità secondo i criteri individuati al punto 2 e tenendo conto delle eventuali variazioni di cui al punto 1;
di seguito tali percentuali sono integrate con criteri diversi a seconda che le menomazioni dovute alle infermità riscontrate, tabellate e/o non tabellate, risultino tra loro in concorso funzionale (menomazioni che interessano lo stesso arto, organo, apparato o sistema organo-funzionale, ovvero che incidono su organi od apparati strettamente sinergici) ovvero semplicemente coesistenti (allorché sono interessati organi ed apparati funzionalmente distinti tra loro).
- In caso di infermità coesistenti, dopo aver effettuato la valutazione percentuale di ciascuna menomazione, si esegue un calcolo riduzionistico mediante la formula di Balthazard – IT= IP1+IP2 – (IP1xIP2) – in cui i valori percentuali sono sempre espressi in decimali. In base a tale formula l’invalidità totale finale (IT) è uguale alla somma delle invalidità parziali (IP1, IP2) diminuita del loro prodotto. Ad esempio, se la prima menomazione (IP1) è valutata con il 20% e la seconda (IP2) con il 15%, il risultato finale (IT) sarà: (0,20+0,15)-(0,20×0,15) = 0,32 e quindi 32%. In caso di più infermità, il procedimento si ripete e continua con lo stesso metodo. Per ragioni pratiche è opportuno avvalersi, a tal fine, di apposite tavole di calcolo combinato disponibili anche in formato elettronico.
- Per le infermità concorrenti, in alcuni casi il concorso è direttamente indicato in tabella (danni oculari, uditivi, degli arti, ecc.). Altrimenti, valutate separatamente le singole menomazioni, si procede ad una valutazione complessiva; quest’ultima non deve mai consistere nella somma aritmetica delle singole percentuali, bensì in un valore percentuale che tenga conto della globale incidenza sulla capacità lavorativa del soggetto. A tal fine si applica la seguente formula – IT=(ST + FP):2 – che individua una percentuale intermedia tra quelle indicate: a) dalla sommatoria delle singole invalidità (ST); b) dal risultato della formula riduzionistica proporzionale (FP).
- Resta fermo che l’invalidità complessiva non potrà mai essere superiore al valore previsto per la perdita del sistema organo-funzionale interessato.
A mente dell’art. 5 D.L. n. 509 del 1988, nella valutazione complessiva della invalidità non sono da considerare le minorazioni ascritte ad una percentuale di invalidità pari o inferiore al 10%, tranne nel caso in cui esse risultino concorrenti tra loro o con altre minorazioni comprese in fasce superiori.
In relazione a quanto previsto dall’art. 2 della Legge 30 marzo 1971, n. 118, nella valutazione complessiva delle minorazioni non sono da considerare le invalidità conseguenti ad infermità dipendenti da causa di guerra, servizio o lavoro, salvo il caso che concorrano a determinare una menomazione globale con diritto all’indennità di accompagnamento (c.d. pluriminorazioni eterogenee).
- Ai fini della valutazione, dovrà essere presa in considerazione la possibilità o meno dell’applicazione di apparecchi protesici. La possibilità di applicazione di protesi ben tollerate ed efficaci comporta un’attenuazione della gravità del pregiudizio funzionale e di conseguenza, la riduzione della percentuale di invalidità (qualora non altrimenti previsto in tabella) fino a dieci punti percentuali. I valori di invalidità tabellati per i difetti di acuità visiva fanno riferimento al visus previa correzione diottrica ottimale.
Per sapere di più in merito è possibile rivolgersi alle sedi Uniciv.
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