Nel Dossier donne dell’Inail, pubblicato in vista della Giornata internazionale dell’8 marzo 2023, la Consulenza statistico attuariale dell’Istituto analizza i dati mensili ancora provvisori del biennio 2021-2022 e quelli annuali consolidati del quinquennio 2017-2021 per descrivere il fenomeno infortunistico al femminile in relazione alle varie caratteristiche che lo contraddistinguono. “Con questo Dossier – scrivono nella prefazione le consigliere di amministrazione Teresa Armato e Francesca Maione – intendiamo lanciare un segnale di sostegno al mondo del lavoro femminile affinché ogni donna sappia che Inail è al suo fianco per sostenerla nella sua vita professionale e personale, valorizzandone il talento e il merito, fino al raggiungimento di condizioni di effettiva parità”. La festa della donna è stata l’occasione, inoltre, per “riaffermare con forza anche l’esigenza di un’appropriata formazione sui temi della tutela differenziata nei luoghi di lavoro”, partendo dalla consapevolezza che “l’uguaglianza di genere non è solo una questione etica e valoriale, ma una forma di avanzamento e progresso per una società più consapevole e matura”.
L’effetto Covid sull’impennata delle denunce registrata nel 2022. L’aumento del 25,7% delle denunce di infortunio rilevato tra gennaio e dicembre 2022, rispetto all’analogo periodo del 2021, è legato soprattutto alle lavoratrici, che registrano un +42,9%, da 200.557 a 286.522 casi. “Questa vertiginosa impennata – spiegano Armato e Maione – è in larga misura influenzata dal notevole incremento degli infortuni in occasione di lavoro, in particolare di quelli da Covid-19. Gli infortuni sul lavoro correlati al virus, infatti, dall’inizio dell’emergenza sanitaria hanno coinvolto maggiormente le donne, più presenti in quegli ambiti lavorativi con un’esposizione elevata al rischio di contagio come, ad esempio, il settore della sanità e dell’assistenza sociale, la grande distribuzione, le pulizie”.
Tra le lavoratrici quasi sette contagi su 10. Su 315.055 denunce di infortunio sul lavoro da Sars-CoV-2 pervenute all’Inail dall’inizio della pandemia alla data dello scorso 31 dicembre, quelle che riguardano le donne sono infatti 215.487, pari a poco meno di sette contagi su 10. Il 43,8% delle contagiate ha oltre 49 anni, il 37,0% tra i 35 e i 49 anni, mentre il 19,2% è under 35. Le professioni maggiormente esposte al rischio Covid sono quelle sanitarie, a partire dai tecnici della salute col 41,4% delle contagiate, in prevalenza infermiere ma anche fisioterapiste e assistenti sanitarie. Seguono le operatrici socio-sanitarie (18,8% delle denunce), i medici (6,9%) e le lavoratrici qualificate nei servizi personali e assimilati (6,6%). Tra le professioni non strettamente sanitarie, ai primi posti figurano le impiegate addette alla segreteria e agli affari generali (5,6%), le addette alle pulizie (2,1%, anche di ospedali e ambulatori), le insegnanti delle scuole primarie e pre-primarie e le impiegate addette al controllo di documenti e allo smistamento e recapito della posta (1,7% per entrambe le categorie).
“Necessario un salto di qualità nell’affrontare la prevenzione in ottica di genere”. “L’emergenza determinata dalla pandemia – sottolineano Armato e Maione – oltre a mettere a dura prova le strutture sanitarie del Paese, ha fornito l’opportunità di ripensare determinate modalità organizzative afferenti al mondo del lavoro. Nonostante anno dopo anno si assista a una crescita, in termini di consapevolezza, di quanto la differenza di genere debba essere declinata anche sul versante salute e sicurezza, il percorso sconta ancora numerosi ritardi socioculturali”. Per le consigliere di amministrazione Inail, in particolare, “oggi è necessario compiere un salto di qualità nell’affrontare il tema della salute e sicurezza in ottica di genere”, superando la visione limitata del passato, “declinata per lo più come attenzione alla sicurezza della donna in maternità, piuttosto che a quella, più ampia, della donna/lavoratrice”.
Nel 2021 l’incidenza è tornata ai livelli ante-pandemia. Concentrando l’attenzione sui dati annuali più consolidati, aggiornati al 31 ottobre 2022, nel quinquennio 2017-2021 emerge una diminuzione complessiva del 12,7% delle denunce di infortunio sul lavoro (dalle 646.661 del 2017 alle 564.311 del 2021). Il calo ha interessato entrambi i generi: -13,3% per i lavoratori (da 413.704 a 358.701 casi) e -11,7% per le lavoratrici (da 232.957 a 205.610). Nel 2021, in particolare, l’incidenza degli infortuni occorsi alle donne sul totale delle denunce è tornata ai valori percentuali ante-pandemia (36%), dopo un 2020 in cui, complice anche il più elevato numero di contagi tra le donne rispetto agli uomini, era risultata in aumento di sette punti percentuali (43%). I casi mortali denunciati nel 2021 sono stati complessivamente 1.400, 219 in più rispetto al 2017. Le lavoratrici hanno registrato 34 casi in più, da 114 a 148, pari a un incremento percentuale del 29,8%, quasi il doppio rispetto al +17,3% registrato nello stesso arco di tempo tra i lavoratori, passati da 1.067 a 1.252 decessi (+185 casi).
Con lo smart working in calo la quota degli infortuni in itinere. La modalità di accadimento degli infortuni “in itinere” è una delle variabili che ha risentito maggiormente dell’emergenza Coronavirus. Nel biennio 2020-2021, infatti, le denunce in complesso per infortuni sul lavoro occorsi alle lavoratrici nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro risultano di poco inferiori a quelle degli uomini (40.909 casi contro 43.434), a differenza di quanto avvenuto negli anni pre-pandemia, quando il numero delle lavoratrici infortunate in itinere ha sempre superato quello dei lavoratori. In termini relativi, la quota degli infortuni in itinere sul totale degli infortuni dello stesso sesso è rimasta comunque più elevata per le donne rispetto agli uomini, anche se nel biennio 2020-2021, ma soprattutto nel 2020, complice il massiccio ricorso allo smart working, è scesa notevolmente: dal 23% medio del triennio 2017-2019, al 13% del 2020 e al 20% del 2021. Anche per i casi mortali avvenuti in itinere, l’incidenza tra le lavoratrici nel 2021 è più elevata e pari a circa un decesso su tre (44 su 148), rapporto che per gli uomini scende a meno di uno su cinque (225 su 1.252). La quota di casi mortali in itinere sul totale dei decessi era comunque notevolmente più elevata nel triennio 2017-2019 (mediamente il 50% per le donne e il 25% per gli uomini).
La maggioranza delle aggressioni ai danni delle operatrici sanitarie e assistenziali. Le lavoratrici vittime di aggressioni o violenze, da parte per esempio di pazienti o loro familiari nel caso delle operatrici sanitarie, da studenti e parenti nel caso delle insegnanti, fino alle rapine in banca e negli uffici postali, rappresentano circa il 3% di tutti gli infortuni femminili avvenuti in occasione di lavoro e riconosciuti dall’Inail. Tra queste, oltre il 60% svolge professioni sanitarie e assistenziali. Seguono, a distanza, insegnanti e specialiste dell’educazione e della formazione, impiegate postali, personale di pulizia, addette ai servizi di vigilanza e custodia, alle vendite e alla ristorazione. Nel quinquennio 2017-2021 sei casi su 10 di violenza sulle donne sono stati denunciati al Nord, con Emilia Romagna, Lombardia e Veneto complessivamente con il 40% circa dei casi, seguito da Centro e Mezzogiorno con un quinto dei casi per entrambe le ripartizioni geografiche.
Le malattie professionali prevalenti sono quelle del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo. Per quanto riguarda le malattie professionali, quelle denunciate dalle lavoratrici nel 2021 sono state 14.878, 2.817 in più rispetto all’anno precedente (+23,4%) e pari al 27% delle 55.202 denunciate nel complesso, che rispetto alle 57.996 del 2017 sono calate del 4,8%, per effetto di una riduzione del 4,3% per gli uomini e del 6,1% per le donne. Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo si confermano tra le più prevalenti anche nel 2021 e insieme a quelle del sistema nervoso raggiungono l’82% del totale delle denunce. Questo risultato, però, nasconde una differenza ben marcata tra uomini e donne: se le malattie citate rappresentano il 78% delle denunce dei lavoratori, la stessa percentuale sale al 92% tra le lavoratrici (13.705 delle 14.878 denunce femminili complessive).
Nei disturbi psichici l’incidenza femminile più alta. Rapportando il numero delle denunce femminili per una determinata patologia sul totale registrato nella stessa patologia, si distinguono i disturbi psichici e comportamentali e le malattie del sistema nervoso (soprattutto sindromi del tunnel carpale), rispettivamente con il 47% e il 39%. Nel 2021, in particolare, i disturbi psichici sono stati denunciati in misura simile da entrambi i sessi (191 casi per il genere femminile e 215 per quello maschile), ma con una percentuale per le lavoratrici sul totale delle malattie dell’1,3%, più del doppio di quella degli uomini, pari allo 0,5%. A prevalere sono i disturbi nevrotici, legati a stress lavoro-correlato, ad esempio per mobbing (l’82% per le donne e il 76% per gli uomini), seguiti dai disturbi dell’umore (rispettivamente il 14% e il 20%).
Fonte: Inail
https://www.inail.it/cs/internet/docs/alg-dossier-donne-2023.pdf