“Le società civili moderne sono chiamate a metodologie e strategie attraverso le quali integrare le persone invalide e far evolvere gli elementi di criticità delle persone, in un vantaggio.
In poche parole, trasformano la malattia in opportunità”, sostiene Giusi Pintori, project manager di Uniciv, Unione invalidi civili.
“Ciò significa riconoscere la diversità sul luogo di lavoro come un obiettivo da includere nelle strategie che muovono le scelte.
E’ necessario che i luoghi di lavoro promuovano l’equità, ossia che tutti abbiano le stesse opportunità e diritti in base alla specificità della propria situazione di salute, personale e professionale e che le diversità non vengano trattate tutte allo stesso modo”, prosegue la Pintori.
Il professionista della disabilità aumenta la coscienza delle qualità di un gruppo di lavoro diversificato, facilita lo sviluppo di un atteggiamento flessibile e aperto che può incrementare la produttività, aumenta la soddisfazione dei lavoratori e dei clienti/utenti, attiva processi decisionali e di crescita arrivando a fornire servizi e/ prodotti migliori.
Il disability manager prevede:
- l’analisi dei bisogni, mappando le diversità presenti in azienda;
- definisce degli obiettivi da raggiungere;
- individua le azioni concrete da attivare a breve, medio e lungo termine;
- reperisce delle risorse necessarie;
- monitora, valuta e programma azioni e follow up.
Il disability manager è un professionista aperto alla ricerca di nuove opportunità e strumenti, adeguatamente remunerato, con un ruolo di supervisione in ogni àmbito (accessibilità, mobilità, politiche sociali, scuola, lavoro etc…etc….), che vigila sul rispetto dei diritti delle persona con disabilità, così come sancito dalla della “Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con Disabilità”.
Egli coltiva la direzione culturale che riconosce a qualsiasi individuo colpito da una compromissione fisica, anatomica o psicologica rispetto e la valorizzazione dei propri talenti.
“L’introduzione della figura del disability manager chiede un altro cambio di paradigma: dalla disabilità vissuta come problema da gestire, alla disabilità come una delle possibili diversità di cui sono portatori i collaboratori dell’organizzazione; diversità che vanno riconosciute, accolte e valorizzate come potenziali risorse generative di novità e innovazione“, incalza ancora Giusi Pintori.
Per attuare tali cambi di prospettiva è auspicabile svolgere un’attività di formazione rivolta ai datori di lavoro e alle organizzazioni. Occorre passare dalla logica dell’obbligo, alla logica della scelta e della compartecipazione responsabile. Valorizzare la persona occasiona la crescita sia in termini produttivi che in termini di benessere relazionale del singolo e del gruppo.
Includere significa promuove la partecipazione della persona attivando supporto organizzativo e relazionale e fare adeguamenti che rendano possibile l’agire compartecipe della persona. Da tale quadro emerge come sia riduttivo rilegare la figura del disability manager solamente come colui che si occupa della gestione della persona con disabilità. Egli opera all’interno delle risorse umane, avendo come obiettivo la riduzione/prevenzione della disabilità e l’aumento del benessere per tutti i lavoratori.