Soprattutto nell’attuale periodo storico, caratterizzato da una forte crisi economica, un lavoratore potrebbe avere l’esigenza di fare più lavori, per riuscire a guadagnare uno stipendio complessivo adeguato alle proprie esigenze. Sono molti i casi di lavoratori che hanno contemporaneamente due o più rapporti di lavoro e che affiancano al lavoro dipendente un altro impiego.
In molti casi questo è possibile, rispettando però alcune regole.
La legge, in riferimento al cumulo di più rapporti di lavoro dipendente, definisce i criteri nei quali questo è possibile, sia in caso di lavoro a tempo pieno, sia in caso di lavoro a tempo parziale.
Il decreto legislativo 104/2022 afferma che il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orari diversi da quelli stabiliti per lo svolgimento dell’attività lavorativa concordata, né può, in caso di svolgimento di altra attività lavorativa, riservare al lavoratore un trattamento meno favorevole. In ogni caso il limite massimo delle ore lavorabili settimanalmente, anche come sommatoria di diversi contratti di lavoro dipendente, è di 48 ore.
Il datore di lavoro può limitare o negare il consenso al lavoratore per lo svolgimento di altra attività qualora sussista una delle seguenti condizioni:
- un pregiudizio per la salute e la sicurezza, ivi compreso il rispetto della normativa in materia di durata dei riposi (riposo di 24 ore settimanali e 11 ore di pausa fra le prestazioni);
- la necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico;
- un conflitto d’interessi fra le due attività con la principale, anche senza violare il dovere di fedeltà.
Cosa si intende per preguidizio per la salute e la sicurezza nel rispetto della durata dei riposi?
La legge non prevede un limite massimo di ore giornaliere relative allo svolgimento della prestazione lavorativa. Tale limite è stabilito dai contratti collettivi.
In ogni caso, pur non esistendo una previsione esplicita da parte della Legge del numero di ore lavorabili giornalmente, quest’ultimo può essere desunto dalla previsione del numero di ore di riposo giornaliero.
Il riposo giornaliero, infatti, prevede il diritto a 11 ore di riposo consecutive ogni 24, ciò porta, per differenza, la durata massima della giornata lavorativa a 13 ore.
L’orario medio di lavoro non può, invece, superare per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.
Il legislatore prevede, altresì, che il ricorso al lavoro straordinario debba essere contenuto. Infatti, il lavoro straordinario sommato al lavoro normale, non deve superare il limite massimo settimanale ed i contratti collettivi regolamentano le eventuali modalità di esecuzione delle prestazioni dello stesso.
Nell’ipotesi di assenza di previsione da parte dei contratti collettivi, il ricorso all’orario straordinario è ammesso, previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore, per un periodo massimo che non superi le 250 ore annuali.
Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro, i quali possono in ogni caso prevedere che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.
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Fonte:
https://cafitaliaemiliaromagna.it
DECRETO LEGISLATIVO 8 aprile 2003, n. 66. Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro